Nell’ultimo anno abbiamo vissuto una digitalizzazione massiva, che ha investito tutti gli ambiti della nostra vita e ha riguardato tutte le fasce d’età, anche quelle più anziane:

abbiamo visto nonni su Skype, abbiamo ri-allacciato legami con parenti e amici lontani.

Questo perché il digitale ha rappresentato l’unico appiglio per non rimanere soli.

La verità è che il digitale ha accorciato le distanze e sarà difficile tornare indietro.

Però questa svolta digitale, forse, ci ha aiutato a far rientrare nel pensiero comune concetti ed idee, come digitale e tradizione, che fino ad ora hanno vissuto agli antipodi della realtà.

Ad esempio: avreste mai pensato di condividere via Zoom il cenone di Capodanno? O il pranzo pasquale?

Il digitale ha supportato la tradizione, eliminando i Km di distanza.

E, a proposito di Km e di distanze, il digitale ha compensato la privazione più grande che potesse essere inflitta all’uomo:

la mobilità, azione che promuove, fin dall’alba dei tempi, la trasformazione e il progresso.

Eppure, durante quest’anno, abbiamo sperimentato – forse nella prima volta della storia del genere umano – come ci si evolve stando fermi. 

La mobilità si è stravolta e il turismo, non a caso, è stato il settore maggiormente colpito dall’emergenza. 

Ma come è cambiata la percezione del turismo?

I mutamenti che stiamo vivendo stanno portando alla ribalta del neverending tourism, l’estensione spazio-temporale dell’esperienza di viaggio, e della staycation, la vacanza a casa propria.

Cosa comporta questo mutamento?

L’emergenza sanitaria ha rallentato i tempi di esecuzione e di fruizione dei servizi e tutto ciò, in ambito turistico, ha avuto un grande effetto positivo perché – finalmente – la sostenibilità dell’esperienza è ciò che conta davvero.

Sostenibilità: una parola piena e vuota allo stesso tempo.

Per BeeComs sostenibilità significa rispetto.

Rispetto per la Destinazione, rispetto per gli host, rispetto per il tempo da dedicare a sé stessi.

La scelta dell’utente di vivere un’esperienza costruita esattamente sui propri desideri, però, non è cosa banale. 

Come si costruisce un’esperienza sui desideri di un target specifico?

Con tanti dati raccolti, analizzati e re-interpretati.

Dati: un’altra parola tanto piena quanto vuota.

Perché sono importanti in ambito turistico?

Josep Ejarque, pioniere del destination marketing, sostiene che

“siamo davanti al turista 7i: informato, impaziente, infedele, innovatore, illuso, internetizzato e soprattutto intossicato da migliaia di proposte ed offerte.

Un turista che nell’85% dei casi cerca su internet le informazioni (visitando almeno 20 siti) e che nel 49% dei casi non decide senza avere guardato i commenti di altri.

Il turismo è passato dall’operare nell’economia del prezzo ad essere nell’economia della reputazione e della raccomandazione.”

Fare turismo oggi è difficile e la Destinazione Italia non può più vivere di rendita.

Sembra quasi un insulto a secoli di storia e cultura, ma Venezia, Roma e Firenze non bastano più.

O, forse, non bastano più vissute alla “mordi e fuggi”.

C’è bisogno di trovare altro.

C’è bisogno di prevedere altri desideri, altre necessità. 

Quindi quale sarebbe la soluzione?

L’incertezza fa da padrona al momento storico che stiamo vivendo, ma la risposta di BeeComs è marketing territoriale.

Con marketing territoriale si intende un’azione strategica che punta “sul territorio come elemento distintivo, in grado di produrre effetti positivi e economicamente rilevanti per i soggetti coinvolti, ossia per i personaggi che popolano la storia, gli unici che possono rendere l’esperienza turistica davvero preziosa e irripetibile e per questo ancora più esclusiva”.

Promuovere un territorio, oggi, non può prescindere dai dati.

Ma non dati a caso.

Dati precisi, dati registrati in modo automatizzato, dati analizzati e sistematizzati da tecnici del settore, re-interpretati da chi fa dello studio del territorio la propria attività lavorativa.

Dati che solo una struttura informatica nata per questo scopo può raccogliere. 

Una raccolta dati, con la loro successiva analisi, può essere davvero la risposta alla difficoltà di soddisfare un turista sempre più esigente e un mercato sempre più saturo. 

Una struttura informatica che raccoglie e sistematizza i dati relativi ai flussi di un territorio, però, non basta.

E anche se nell’immaginario comune l’informatica, questa scienza arcana, agisce nel buio e in solitaria, ha bisogno di mani e voci umane che strutturino una strategia d’azione comune tra gli stakeholder locali.

Un’azione di marketing territoriale non funziona se non vengono coinvolti l’agriturismo che produce il latte di capra, l’alimentari che fa il pane ai cereali, il museo etnografico, gli operatori turistici locali e la popolazione stessa.

Senza il coinvolgimento attivo della popolazione un’azione di marketing territoriale è fine a se stessa e durerà il tempo di una stagione. 

Superare le forme di campanilismo è la grande e difficilissima sfida che richiede l’impegno e la partecipazione di tutti gli attori locali; una sfida che ha l’obiettivo di rendere il proprio territorio unico.

“Creare sinergia significa (ri)pensare all’offerta turistica in modo globale, integrato e, soprattutto, con una nuova capacità organizzativa, in cui i singoli soggetti sono “tenuti insieme” da uno schema organizzativo e da una fitta rete di legami e di relazioni che consente loro di muoversi e di agire come se fossero un’unica impresa. In una rete bisogna  guardare tutti nella stessa direzione collaborare all’interno per competere all’esterno”.